Piccole note – 6 ottobre 2019

Il Vangelo della domenica

«Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato» (Mt 10, 40)

Accogliere: un verbo molto pericoloso nel nostro contesto odierno, al solo pronunciarlo crea immediatamente schieramenti opposti. Gesù afferma che Lui si identifica nel discepolo e che in Lui si accoglie il Padre. Un’immedesimazione che stupisce. Non è raro sentirsi così diversi da Gesù. È vero e Lui lo sa. Ma ha deciso di abitare in noi, di continuare la Sua opera in noi, attraverso di noi. Ogni discepolo del Vangelo è Gesù: non dimentichiamolo, quando ci guardiamo attorno nella comunità cristiana.

Alcune riflessioni dell’Arcivescovo Mario Delpini sulla Lettera di Paolo ai Filippesi a commento della lettera pastorale

Il cuore dell’esperienza di Paolo sia l’amore di Gesù che diventa un desiderio. Questa tensione alla conoscenza, alla comunione con Gesù è la forza della vita cristiana. È la risposta a come si faccia a tenere vivo l’entusiasmo, a individuare le priorità, ad affrontare questioni inedite, a vivere alla presenza di Cristo. La risposta che Paolo ci offre non è un’ascetica, ma la testimonianza di chi corre per conquistarlo, perché è stato conquistato. Abbiamo bisogno di Gesù, di conoscerlo, di interrogarlo e di pregarlo.

Le nostre Comunità non mancano di iniziative – anzi, forse, ve ne sono fin troppe -, mancano del desiderio di Gesù come rapporto personale, un’amicizia necessaria, come forza di cui non possiamo fare a meno per essere vivi. Questa è la priorità irrinunciabile: dove è questo ardore, questo gusto di stare con Lui? Tutti, preti, suore, famiglie, abbiamo bisogno di lasciarci contagiare da questo amore per Gesù che non è un’idea, un insegnamento, un dovere. È l’intensità di una relazione – come dice Paolo – che diventa la ragione per correre verso il futuro».

Poi, come una seconda indicazione tratta dal capitolo IV della Lettera ai Filippesi dove si dice “Siate sempre lieti”. «Non so se si può comandare la gioia, come fa l’Apostolo, ma l’essere contenti è un segno distintivo dell’essere cristiani. In tante Comunità oggi, al contrario, vi è una sorta di contraddizione tra il molto bene che si fa e le molte iniziative di servizio, carità, cultura, preghiera, convocazione – il bene immenso che mi stupisce sempre – e il grigiore dei discorsi fatti spesso di desolazione, di nostalgia, di denuncia, di lamentela. Perché si lamentano sempre questi terrestri, perché vivono di un linguaggio cosi deprimente? Ogni situazione – il carcere per Paolo, la minaccia – sia occasione».

Infine, la parola definita suggestiva: «dedicatevi a tutto quello che è buono, non distinguete tra il buono che avete voi e quello della altre culture in cui c’è del bene. Anche nei nostri vicini di casa c’è qualcosa che merita lode ». Dunque, 3 parole: cerchiamo Gesù, vogliamo essere suoi, correre incontro a Lui; siate lieti e date vita a un umanesimo riconciliato. Fate tutto quello che è buono, che costruisce, che merita lode

Mercoledì 9 ottobre ore 21.00

Nuovo salone